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O più in generale: quali sono gli stipendi nella NBA? Sono domande che si fanno gli appassionati di ogni sport e di ogni lega, ma soltanto negli Stati Uniti e in poche altre realtà l’importo lordo degli ingaggi è pubblico. Non perché squadre e giocatori ci tengano a farli sapere, ma perché in un paese in cui l’evasione fiscale è un reato serio non c’è alcun problema nel parlare di soldi onestamente guadagnati.

Semmai si dovrebbero vergognare quei paesi in cui gli ingaggi, in parte corrisposti con formule creative quando non direttamente in nero, in cui i compensi agli atleti sono nascosti come un segreto inconfessabile e risultano poi soltanto (e in aggregato) dai bilanci ufficiali, almeno nella loro parte pulita. Ma concentriamoci sulla NBA e vediamo quali sono state le squadre con gli stipendi più alti.

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Gli stipendi NBA più alti nella stagione 2022-23

Le eccezioni al salary cap, la luxury tax e tutti gli altri meccanismi hanno fatto sì che nella scorsa stagione NBA ci fossero differenze notevoli fra le varie squadre: gli stipendi dei giocatori del Los Angeles Clippers ammontano a più del doppio di quelli dei San Antonio Spurs: tutta la differenza fra squadre costruite per vincere subito ed altre che lavorano in prospettiva.

In ogni caso, facendo un paragone con il calcio europeo o con la quasi imbarazzante Eurolega di basket, impensabile in Europa che chi spende di più spenda ‘soltanto’ il doppio dell’ultima squadra.

SQUADRA STIPENDI 2022-23 in milioni di dollari GIOCATORE PIÙ PAGATO NEL 2022-23 STIPENDIO LORDO GIOCATORE PIÚ PAGATO NEL 2022-23
Los Angeles Clippers 192,9 Kawhi Leonard 42,4
Golden State Warriors 192,3 Stephen Curry 48,0
Milwaukee Bucks 182,9 Giannis Antetokounmpo 42,4
Boston Celtics 178,6 Jayson Tatum 30,3
Dallas Mavericks 177,2 Kyrie Irving 38,9
Phoenix Suns 176,0 Kevin Durant 44,1
Los Angeles Lakers 169,3 LeBron James 44.4
Denver Nuggets 162,3 Nikola Jokic 33,0
Brooklyn Nets 159, 5 Ben Simmons 35,4
Washington Wizards 152, 0 Bradley Beal 43,2
Cleveland Cavaliers 151,9 Donovan Mitchell 30,9
Chicago Bulls 151,9 Zach LaVine 37,0
Miami Heat 151,4 Jimmy Butler 37,6
Toronto Raptors 150, 9 Pascal Siakam 35,4
Philadelphia 76ers 150, 4 Tobias Harris 37,6
Atlanta Hawks 149, 8 Trae Young 37,0
New York Knicks 148,9 Jalen Brunson 27,7
Oklahoma City Thunder 148,8 Shai Gilgeous-Alexander 30,9
Utah Jazz 148,7 Russell Westbrook 46,2
New Orleans Pelicans 148,3 CJ McCollum 33,3
Minnesota Timberwolves 145,7 Rudy Gobert 38,1
Portland Trail Blazers 144, 9 Damian Lillard 42,4
Sacramento Kings 139,4 De’Aaron Fox 30,3
Houston Rockets 137,5 John Wall 47,3
Detroit Pistons 129,1 Bojan Bogdanovic 19,5
Memphis Grizzlies 127,1 Jaren Jackson Jr 28,9
Orlando Magic 126,1 Jonathan Isaac 17,4
Charlotte Hornets 125,8 Gordon Hayward 38,0
Indiana Pacers 125,7 Myles Turner 35,0
San Antonio Spurs 104,5 Doug McDermott 13,7

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Gli stipendi NBA più alti nella storia

Significativo è il confronto del salary cap negli ultimi 40 anni.

Non è un periodo scelto a caso, perché dopo vari tentativi il sistema fu implementato nella NBA nella stagione 1984-85, quella dell’entrata nella lega di Michael Jordan. Ecco, nel 1984 il salary cap annuale era di 3,6 milioni di dollari: certo qualcuno lo sforava, ma parliamo di niente se paragonato all’oggi. La spesa massima teorica per squadra superò i 10 milioni di dollari nel 1990 (11,8 milioni) e nel 1998, alla fine dell’epopea di Jordan con i Bulls, era diventata di 30 milioni.

Quota 100 milioni è stata superata soltanto nel 2018, dopo le 4 finali consecutive Warriors-Cavs, Curry contro James, e nel 2023-24 il salary cap sarà di 136 milioni di dollari. 3,6 milioni del 1984 sono come potere d’acquisto circa 10 milioni di dollari del 2023: si può quindi dire che gli stipendi siano in termini reali aumentati di 13 volte rispetto al 1984.

Cos’è il “salary cap”

Ma qual è il tetto massimo per gli stipendi NBA? Nella lega sportiva più famosa nel mondo, visto che la pallacanestro è un fenomeno più globale rispetto a football e baseball, esiste un tetto annuale agli ingaggi dei giocatori, il cosiddetto salary cap, definito dal contratto collettivo.

È un limite di massima, con regole molto complesse ed una infinità di eccezioni, comunque stabilisce un principio importante e viene aggiornato di anno in anno: nella stagione 2022-23, ad esempio, il salary cap è stato di 123,655 milioni di dollari. Quello della NBA è tetto salariale soft, che può essere sforato in vari modi fra cui il pagamento della luxury tax, cioè il pagamento alla lega di un dollaro per ogni dollaro oltre il tetto.

Al di là dei tecnicismi, la base ideologica del salary cap è quella di creare condizioni di partenza simili per le 30 squadre NBA, anche se poi alcune realtà sono comunque per storia e altri fattori più favorite di altre. Importante è ricordare che il tetto salariale si può gestire fino a un certo punto, cioè le squadre sono tenute a spenderne almeno il 90%: questo spiega certi stipendi mostruosi per giocatori mediocri ed anche certe trade cervellotiche. Le eccezioni al salary cap sono tante (Mid-level, Bi-annual, Rookie, Larry Bird, Traded player, eccetera) ed ognuna meritevole di approfondimenti, ma l’obbiettivo è uno: il ricambio al vertice.

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