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Se vogliamo andare ad identificare chi è stato l’inventore della difesa a tre nel calcio, è oggettivamente impossibile.

Il primo a pensare a una linea difensiva a tre uomini è stato Herbert Chapman negli anni Venti, con il suo modulo WM che era la risposta migliore a un calcio che era profondamente cambiato dopo la riforma del fuorigioco nel 1925.

Con una difesa a te e con il libero hanno giocato grandissime squadre come l’Ungheria degli anni Cinquanta e l’Olanda del Calcio Totale, ma noi vogliamo concentrarci sul periodo nel quale la difesa a tre è tornata di moda, e cioè a metà degli anni Ottanta del secolo scorso.

In questo articolo andremo ad analizzare la difesa a tre: le sue origini, le sue caratteristiche e l’impatto che ha avuto sul calcio.

 

Cos’è il modulo a tre in difesa

Difendere a tre invece che a quattro uomini, ha una certa differenza da un punto di vista tattico.

Le difese che si schierano a tre, in fase di non possesso palla, sono a tutti gli effetti delle difese a cinque uomini, quindi molto coperte dagli attacchi avversari. Quando invece la squadra è in possesso palla, è molto importante la spinta in avanti degli esterni di difesa, chiamati anche “quinti”, che devono dare un aiuto importante in fase offensiva. I tre centrali di difesa invece rimangono fissi, con i difensori di sinistra e destra- in gergo chiamati anche “braccetti”- che stringono verso il centro dell’area all’occorrenza.

Nel grafico sotto abbiamo un chiaro esempio di una squadra che attacca in versione 3-5-2, con gli esterni laterali che spingono in attacco, mentre le mezzali si inseriscono al centro.

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Le caratteristiche della difesa a tre:

Di seguito i tratti distintivi principali della difesa a tre:

  • I tre centrali di difesa stanno fissi, sia che la squadra avversaria giochi con una o due punte
  • Gli esterni, chiamati anche “quinti”, devono spingere in avanti quando la squadra è in possesso palla
  • Le mezzali si inseriscono a supporto delle punte
  • Il centrocampista centrale può arretrare in difesa nel caso uno dei difensori avanzi in fase di costruzione del gioco

 

 

Evoluzione del modulo a tre difensori

Dicevamo di Herbert Chapman, che è stato il primo ad utilizzare il modulo chiamato WM, che a tutti gli effetti si presentava come una difesa a tre.

Nel corso degli anni la differenza fra le squadre che hanno giocato con tre difensori era legata al libero, cioè al giocatore che si andava a schierare dietro tutti gli altri difensori e non aveva compiti di marcatura.

A metà anni Ottanta del secolo scorso la difesa a tre è tornata in auge soprattutto grazie a Carlos Bilardo, che schierava così l’Argentina che vinse il titolo mondiale in Messico nel 1986.

In quella squadra giocava un certo Diego Armando Maradona- ed era proprio all’apice della sua carriera- ma per il resto la squadra era composta da molti mestieranti. Davanti al portiere Pumpido, Brown giocava in posizione centrale, con Cuciuffo come braccetto di destra e Ruggeri come braccetto di sinistra. Davanti alla difesa si posizionava Batista, che era comunque un centrocampista con compiti prettamente difensavi.

Come evidenziato da Jonathan Wilson nel suo libro di tattica “Inverting the pyramid”, un’altra squadra che al Mondiale del Messico si schierava a tre era la Danimarca di Sepp Piontek, che aveva però un atteggiamento decisamente più offensivo rispetto all’Argentina bilardista.

Anche la Germania Ovest, finalista nel 1986, e campione del mondo quattro anni dopo in Italia, giocava con tre difensori, e con un modulo che nel corso degli anni ha assunto connotazioni sempre più difensive.

La difesa a tre viene utilizzata molto dagli allenatori italiani, tanto che le squadre di Serie A sono quelle che ne fanno maggior uso. Antonio Conte, prima con la Juve, e successivamente con l’Inter, si è convertito al 3-5-2 dopo che all’inizio della carriera da allenatore schierava i suoi a quattro, e anche Simone Inzaghi, prima alla Lazio, e poi all’Inter condotta fino alla finale di Champions League, è un fermo assertore della difesa a tre.

Nel recente passato Alberto Zaccheroni ha fatto volare l’Udinese e vinto uno scudetto con il Milan con il 3-4-3, modulo base anche di Gianpiero Gasperini, il costruttore del “fenomeno Atalanta”.

 

 

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Gli allenatori più influenti del modulo a 3 in difesa

Dicevamo di Chapman, ma in questa categoria dobbiamo inserire anche Bilardo, Piontek, Beckebauer, quando ha allenato la Germania Ovest, Zaccheroni, Gasperini, Juric, Conte e Simone Inzaghi, solo per menzionare i principali assertori dei moduli 3-5-2, 3-4-3, o 3-4-1-2.

Allenatore Squadra
Herbert Chapman Huddersfield, Arsenal
Carlos Bilardo Argentina
Sepp Piontek Danimarca
Alberto Zaccheroni Udinese, Milan
Antonio Conte Juve, Inter, Chelsea, Tottenham
Simone Inzaghi Lazio, Inter

 

Un esempio di formazione schierata con una difesa a tre

Sono tanti i casi di squadre che si schierano a tre in difesa, ma noi abbiamo voluto prendere ad esempio l’Inter scudettata con Antonio Conte in panchina nella stagione 2020/21.

I nerazzurri si schieravano con Skriniar, De Vrij e Bastoni come centrali di difesa, e Hakimi e Young a spingere sulle fasce. Importante il ruolo di Barella, centrocampista incursore bravo ad inserirsi a supporto dell’attacco.

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Influenza e impatto della difesa a tre

Il modulo a tre ha influenzato molti allenatori nel mondo, soprattutto in Italia, ma in particolare ce ne sono alcuni che hanno sviluppato questo stile evolvendolo.

 

Herbert Chapman-Huddersfield, Arsenal

Chapman fu il primo a modificare il gioco delle squadre di calcio, che fino a metà degli anni Venti del secolo scorso giocavano tutti con il modulo 2-3-5.

La riforma del fuorigioco del 1925 avrebbe favorito un calcio più di attacco- era stata introdotta proprio per questo- così che Chapman capì di dover retrocedere un centrocampista in difesa, e difendere così con tre uomini fissi.

 

Carlos Bilardo-Argentina

In Argentina è sempre stato forte il dibattito fra i “Menottisti”- i seguaci di Cesar Luis Menotti, vincitore del Mondiale con l’Argentina nel 1978, e fautore di un calcio propositivo e d’attacco- e i “Bilardisti”, e cioè i tifosi di Carlos Bilardo, vincitore con la Selecciòn nel 1986, ma di tradizione più difensiva, e non per nulla Bilardo arrivava da un calcio come quello dell’Estudiantes di La Plata, fatto di lotta, difesa e poco spettacolo.

Bilardo reintrodusse la difesa a tre quando sostituì Menotti in nazionale dopo il Mondiale di Spagna del 1982, e gli argentini vinsero il Mondiale nel 1986 e andarono in finale nel 1990.

 

Alberto Zaccheroni- Udinese, Milan

Lo Zac allenatore è esploso a Udine e, dopo due ottimi campionati in Friuli, si guadagnò la panchina del Milan, che condusse subito allo scudetto.

Zaccheroni prediligeva un modulo 3-4-3, con gli esterni di centrocampo che dovevamo spingere, mentre le due ali avevano sia compiti offensivi che difensivi.

 

Gian Piero Gasperini- Genoa, Atalanta

Il 3-4-3 di Gasperini è diverso rispetto a tutti gli altri, perché nell’Atalanta del Gasp ci sono dei chiari germi di “Calcio Totale”. L’Atalanta pressa e attacca a tutto campo, e anche a livello di difesa i bergamaschi marcano a uomo in tutte le zone del campo.

 

Le critiche rivolte alla difesa a tre

Uno dei critici più feroci della difesa a tre, o meglio dire a cinque, è Arrigo Sacchi, che dalle pagine della Gazzetta dello Sport non perde occasione di criticare squadre che lasciano tre giocatori fissi in difesa anche quando la squadra avversaria si schiera con un solo attaccante.

In generale la critica che viene rivolta al 3-5-2 e sue varianti è quello di essere un modulo troppo difensivo. Anche Stefano Pioli lo scorso gennaio, quando il Milan iniziò ad imbarcare gol in tutte le partite, rinnegò il modulo 4-2-3-1 che aveva portato allo scudetto, per virare su un 3-5-2 che ridiede qualche certezza alla difesa, anche se ovviamente la produzione offensiva ne risentì di conseguenza.

Che una squadra si schieri a 3 o a 4 in difesa, ciò che conta però è l’atteggiamento, che può essere più o meno offensivo a seconda dei dettami dell’allenatore.

 

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