Appena viene menzionato il termine Catenaccio, a quasi tutti gli appassionati di calcio viene in mente qualcosa di italiano, o quantomeno qualcosa inventato dagli italiani. Il Catenaccio nella sua versione originaria però non è italiano, ma fu inventato in Svizzera alla fine degli anni Trenta del secolo scorso dall’allenatore austriaco Karl Rappan.
In questo articolo scopriremo il Catenaccio nel calcio: le sue origini, le sue caratteristiche e l’impatto che ha avuto sul calcio.
Cos’è il Catenaccio
Il Catenaccio nel calcio è una tattica difensiva che mira a proteggere la propria porta e limitare le occasioni di gol dell’avversario. Si basa sull’organizzazione e sulla chiusura dello spazio difensivo.
Nella pratica, il catenaccio prevede l’utilizzo di una linea difensiva molto rigida e profonda, con i giocatori posizionati vicino alla propria area di rigore.
L’obiettivo è quello di bloccare gli attacchi avversari, riducendo al minimo le possibilità di segnare un gol. Di solito, questa tattica si accompagna a una marcatura stretta sugli avversari chiave e ad una maggiore attenzione alla difesa rispetto all’attacco.
Il catenaccio è stato popolare in passato, ma negli anni è diventato meno comune, con le squadre che preferiscono spesso un approccio più equilibrato tra difesa e attacco.
Modulo nel Catenaccio
Il modulo solitamente è a una punta, con i centrocampisti pronti ad inserirsi a supporto dell’attaccante. Il battitore libero sta dietro i due terzini come ultimo baluardo, ed è importante la funzione dell’ala tornante, che attacca ma retrocede anche in difesa.
Le caratteristiche del Catenaccio
Di seguito i tratti distintivi principali del catenaccio:
- Maggiore protezione alla difesa
- Introduzione del battitore libero dietro ai difensori
- Introduzione dell’ala tornante in aiuto al terzino
- Centromediano che si pone davanti ai difensori come prima protezione della difesa
- Rinuncia al possesso palla e predilezione per un modulo basato sulla difesa e il contropiede
Evoluzione del Catenaccio
Rappan, a differenza di quanto fatto da Herbert Chapman, il famoso allenatore di Huddersfield e Arsenal degli anni Trenta, che decise di arretrare il centromediano in mezzo alla difesa creando così il modulo WM, decise di arretrare i due mediani in difesa, che in pratica diventarono i due difensori centrali.
In questo modo, a differenza della Piramide – il modulo 2-3-5, il primo modulo tattico conosciuto nella storia calcistica- e del WM, con il Catenaccio gli attaccanti avversari si trovavamo di fronte una vera e propria barriera difensiva e, invece di affondare centralmente sfruttando la qualità delle punte, dovevano provare ad accerchiare con movimenti orizzontali, dando così la possibilità a chi si difendeva di essere sempre schierato a protezione dell’area.
Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, il Catenaccio ha avuto ulteriori evoluzioni, e qui sì che gli allenatori italiani hanno avuto una parte importante.
In primo luogo Gipo Viani che, quando era allenatore della Salernitana a fine anni Quaranta, pare che avesse avuto un’idea guardando alla mattina le barche dei pescatori che tornavano in porto e osservando che oltre a una rete piene di pesce pescato durante la notte, sotto quella stessa rete ve ne era un’altra, che raccoglieva il pescato che cadeva dalla prima rete. A Viani, in questa versione romanzata che lui stesso ha fornito in passato, venne subito un collegamento con il mondo del calcio, e capì che a protezione della sua difesa, doveva schierare un uomo dietro tutti che sarebbe potuto intervenire come ultimo baluardo a protezione del portiere.
Nacque così in Italia la figura del “Libero”, o “battitore libero” come fu ribattezzato in Italia, perché inizialmente si trattava di un giocatore non particolarmente dotato tecnicamente, che aveva il compito precipuo di allontanare il più lontano possibile il pallone qualora questo avesse superato la linea dei difensori.
Gli allenatori più influenti per il Catenaccio
Rappan, che in carriera ha allenato squadre come il Servette e il Grasshoppers, oltre alla nazionale rossocrociata, era stufo che le sue squadre subissero caterve di gol da parte di compagini più qualitative, che potevano schierare campioni, e quindi nei confronti diretti fra giocatori, le sue squadre subivano costantemente.
Decise così di adottare una tattica più difensiva, più accorta, che avrebbe messo in difficoltà le squadre con più qualità, e dato invece un vantaggio alle squadre più deboli, che avrebbero però imparato a difendersi meglio.
Rappan è atto il primo, e suo metodo è stato ribattezzato Verrou (che significa appunto chiavistello, o catenaccio), poi in successione Viani, Rocco ed Herrera, sono stati tutti tecnici di Serie A che hanno esaltato questo modulo.
Fino ad arrivare ad oggi, a Simeone e Mourinho, con una versione 2.0 di questo sistema.
Alllenatore | Squadra |
Karl Rappan | Servette, Grasshoppers, Svizzera |
Gipo Viani | Salernitana |
Nereo Rocco | Triestina, Padova, Milan |
Helenio Herrera | Inter |
Diego Simeone | Atletico Madrid |
Le formazioni che hanno adottato il Catenaccio
Oltre a Rappan con la Svizzera e a Viani con la Salernitana, il Catenaccio come modulo di gioco nel secondo dopoguerra cominciò ad attrarre anche gli allenatori delle grandi squadre, e la prima big ad adottarlo in Serie A fu l’Inter con Alfredo Foni nella stagione 1952/53, con i nerazzurri che vinsero il campionato segnando appena 46 gol in 34 partite, e mostrando una solidità difensiva che nessuna big aveva mostrato fino a quel momento.
Stiamo parlando di un’era calcistica nella quale le squadre vincevano i campionati segnando 100 o più reti a stagione, e basti pensare che solo la stagione prima la Juve aveva vinto lo scudetto realizzando 98 gol in 34 partite!
Il libero dell’Inter era Ivano Blason, giocatore sicuramente dalla tecnica non eccelsa, ma dall’efficacia assoluta.
Dagli anni Sessanta in poi, il Catenaccio divenne quasi la norma in Italia, e tutte le formazioni di Serie A avrebbero adottato il libero e “l’ala tornante”, cioè il giocatore di fascia che tornava ad aiutare il terzino, e moduli più accorti rispetto al passato.
Nereo Rocco, prima con la Triestina, e poi con il Padova, fu uno degli assertori del Catenaccio, che replicò poi nelle sue esperienze al Milan che portarono ai rossoneri le Coppe dei Campioni del 1963 e 1969, anche se, soprattutto per la seconda vittoria, la formazione del Milan non era poi così difensiva.
Modulo Catenaccio – Inter degli anni Sessanta
Chi esaltò però il Catenaccio, e lo introdusse in una nuova dimensione, fu Helenio Herrera con la Grande Inter degli anni Sessanta.
Angelo Moratti prese Herrera dal Barcellona per poter vincere finalmente lo scudetto, e il Mago, con una tattica che nel corso degli anni divenne sempre più difensiva, portò i nerazzurri sul tetto d’Italia ma anche d’Europa, con la conquista di 3 scudetti, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe Intercontinentali.
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Influenza e impatto del Catenaccio
Il Catenaccio ha influenzato ovviamente il modo di giocare di tutte le squadre, e anche oggi chiaramente vediamo squadre più difensive, che prediligono magari lasciare il pallone agli avversari, preferendo stare accorte per poi colpire in contropiede.
Diego Simeone – Atletico Madrid
Un esempio recente di Catenaccio 2.0 può essere il modulo adottato da Diego Simeone con l’Atletico Madrid, una squadra che spesso, contro avversari forti, come il Manchester City ad esempio nella Champions League 2021/22, si è schierato con un modulo senza punte, lasciando totalmente l’iniziativa agli avversari, e puntando sulla difesa e il contropiede.
Allegri – Juve
Non è certo l’unico esempio, perché anche la Juve di Allegri è stata spesso accusata di “non gioco”, ma molte volte il tecnico livornese, conoscendo bene le caratteristiche dei propri giocatori, preferisce lasciare l’iniziativa agli avversari, dando poi libero sfogo ai suoi campioni a campo aperto, quando l’avversario lascia inevitabilmente campo e si scopre.
Mourinho
In questa lista di allenatori menzioniamo poi anche Josè Mourinho, spesso accusato di “parcheggiare il bus davanti alla porta“, e anche lui non particolarmente amante del gioco offensivo, ma molto bravo a sfruttare ogni debolezza da parte dell’avversario.
Ciò che è scomparso nel calcio moderno è invece la figura del “libero”, perché non abbiamo più un giocatore che si stacca dietro alla linea difensiva, ma che si tratti di difesa a 3, a 4 o a 5, i giocatori sono sempre tutti allineati su una sola linea difensiva.
Le critiche rivolte al Catenaccio
Le critiche rivolte a questo modulo sono sempre state tante, soprattutto da parte di tecnici stranieri verso il calcio italiano.
Basti pensare che nel 1967, quando il Celtic di Jock Stein sconfisse l’Inter di Herrera nella finale di Coppa dei Campioni a Lisbona, il tecnico del Liverpool Bill Shankly esultò pubblicamente dicendo che quella era stata la rivincita del calcio offensivo contro il non gioco e il Catenaccio degli italiani.
Il Catenaccio, ancora oggi, ha un’accezione negativa- anche al di fuori dell’ambito calcistico- ma è stato un modulo che ha cambiato il calcio in passato, e ha permesso anche a squadre meno forti tecnicamente, ma con un’organizzazione difensiva ottima, di ottenere risultati sorprendenti.
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