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Ci siamo ormai abituati a vedere il Milan navigare nella mediocrità nelle ultime stagioni, e i rossoneri, dopo aver dominato per anni, non sembrano in grado di tornare ai fasti di un tempo. Tre diverse proprietà si sono succedute nel corso degli ultimi anni, con il Milan che ha dovuto affrontare parecchi problemi sia sul campo, che nelle stanze del potere.

Niente forse ci dà l’idea della crisi di questo club quanto la storia della maglia numero 9 del Milan in queste ultime stagioni. Quando il Milan dominava negli anni Novanta,  quella maglia era sulle spalle dell'uomo che conduceva l’attacco, il punto di riferimento per tutti i suoi compagni. Vero anche che due maestri di tattica come Sacchi e Capello hanno sempre costruito i loro successi su delle difese impenetrabili guidate da campioni come Baresi e Maldini, ma in squadra hanno sempre avuto anche attaccanti di livello mondiale.

Su tutti non possiamo non menzionare Marco Van Basten. Il campione olandese vinse tre volte il Pallone d’Oro indossando la maglia numero 9 a San Siro e, nel periodo al Milan, si portò a casa tre scudetti e due Coppe dei Campioni, prima di dover abbandonare il calcio in seguito a un terribile infortunio alla caviglia.

Dopo Van Basten, arrivò George Weah, che aiutò il club a vincere ancora due scudetti e personalmente alzò il Pallone d’Oro nel 1995 in maglia rossonera. Quando il liberiano se ne andò, passarono poco più di 12 mesi per l’arrivo di Pippo Inzaghi, costretto a lasciare la Juve dall’arrivo di Trezeguet. Pur non avendo le capacità acrobatiche di Van Basten nè la fisicità e la classe di Weah, Super Pippo scrisse comunque la storia milanista grazie a una qualità tutta sua: quando c’era da far gol, sapeva essere nel posto giusto al momento giusto. Fuori dall’area di rigore, Inzaghi non mostrava qualità tali che lo avevano portato a giocare a quei livelli, ma all’interno dei 16 metri, Super Pippo dava il meglio di sè.

Ogni volta che la palla fluttuava in area di rigore, lui era lì, pronto a buttarla in fondo alla rete. Ogni gol veniva celebrato da Pippo come fosse quello decisivo per vincere una finale di coppa, sia che si trattasse di un tocco a porta vuota, sia che fosse un tiro da fuori area. Inzaghi non venne mai preso in considerazione per l’assegnazione del Pallone d’Oro- a differenza dei suoi predecessori in maglia rossonera- ma senza di lui, Ancelotti non avrebbe vinto tutti quei trofei sulla panchina del Milan. Inzaghi aiutò i rossoneri a vincere altri due scudetti e, dopo la terribile sconfitta di Istanbul del 2005, segnò due gol in finale di Champions al Liverpool nel 2007, permettendo al Milan di sollevare la settima coppa della storia.

Quando si ritirò nel 2012, solo tre giocatori- Cristiano Ronaldo, Messi e Raul- avevano segnato più gol di lui nelle competizioni europee, ma a differenza di questi tre campioni, Inzaghi era riuscito a sollevare anche la Coppa del Mondo nel 2006. Inzagi fece parte anche dell’ultima rosa milanista che portò a casa un trofeo- lo scudetto nel 2010-11 con Allegri in panchina- ma da allora, è scesa come una maledizione sulla maglia numero 9 del Milan.

GettyImages 1197161643 jpg

Il primo a provare a prendere l’eredità di Pippo fu Pato, che una volta che Inzaghi lasciò libera la maglia numero 9, lasciò subito la 7 per indossare quella maglia così presitgiosa. Pato però, nonostante fu il giocatore più giovane nella storia del Milan a raggiungere i 50 gol in maglia rossonera, fu colpito da vari infortuni prima di lasciare Milanello. Dopo Pato, si susseguirono una serie di prestiti, con Matri in maglia n°9 in grado di segnare solo un gol in 18 partite prima di lasciare la maglia a Fernando Torres, che assommò lo stesso numero di reti (1) in 10 presenze in rossonero. Dopo di lui arrivò in prestito Destro dalla Roma, ma anche l’ex attaccante dell’Inter fu rispedito al mittente dopo 3 gol in 15 partite.

Luiz Adriano ne mise a segno 4 prima di lasciare il posto nella stagione successiva a Lapadula, che con la 9 sulle spalle andò in rete 8 volte prima di passare la maglia al portoghese Andre Silva, pagato dal Milan ben 38 milioni di euro. L’attaccante del Portogallo fu protagonista di 10 gol, ma a sua volta dovette lasciare il posto a Gonzalo Higuain nell’agosto 2018, e l’argentino pareva davvero in grado di far finire la maledizione.

L’argentino segnò 8 reti in 22 presenze ma, 4 mesi dopo il suo arrivò, decise di passare al Chelsea, lasciando il posto a Milanello a Piatek, che arrivò dal Genoa per rimpiazzarlo a gennaio. Sembrava che finalmente con il polacco il Milan avesse interrotto la maledizione, con il diesse Leonardo che cercò però di togliergli pressione fin dalla prima conferenza stampa:” ci ha chiesto la maglia numero 9, ma crediamo che quella maglia vada conquistata, e quindi per ora giocherà con la 19”. Piatek iniziò molto bene al Milan, continuando a segnare come aveva fatto nella prima parte di stagione al Genoa, e nella seconda parte con il Milan andò a segno 11 volte.

La scorsa estate però, il polacco optò da subito per la maglia numero 9, ed ecco la maledizione tornare, con Piatek in rete solo 4 volte e poi ceduto nel mercato di gennaio all’Hertha Berlino.

Intervistato da Sky, Pippo Inzaghi ha risposto così di recente:” la cosa mi fa sorridere. La maglia numero 9 del Milan è pesante per chiunque, ma non esiste una maledizione. Se proprio volete vederla così, date a Ibrahimovic la maglia numero 9 e vedrete che la maledizione finirà”.

Per ora Zlatan si è cautelato, e prima dello stop aveva optato per la n° 21…

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